Matinella. Nadia Parlante e la sua Antologia di Racconti Cilentani

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    Attraverso i suoi libri Nadia Parlante – insegnante, storico dell’arte, appassionata di storia locale e tradizioni popolari – riesce sempre con grande coinvolgimento a trasportarci in mondi lontani. Vuoi gremiti di pittori, artisti e alti prelati vuoi animati dal popolino il risultato è analogo: un fascio di luce sul nostro passato, radici molli che tornano a rinvigorirsi.

    Con Antologia di racconti cilentani la scrittrice lascia riposare momentaneamente l’occhio critico dell’intenditore d’arte per far spazio a storie apparentemente minori. Favole, leggende, personaggi pittoreschi e immaginari irrompono nelle pagine con la forza dirompente della mente vivace di chi li ha ideati o solo trascritti.

    Diciotto racconti ambientati all’interno dei confini frastagliati del Cilento, brevi e densi di significato in cui emerge chiaro un comune denominatore: la vita dura, difficile, segnata dalla fatica dei suoi personaggi. Figure di fantasia, figure reali attinte dalla storia locale, figure con un forte e a volte controverso legame con la propria terra amata e odiata, sognata e respinta.

    Così incontriamo Lupo Demonio che nessuna trappola è riuscita a superare in astuzia e zì Liuccio ossessionato dalla bestia al punto da assomigliargli. Zì Natale impegnato ogni anno nell’allestimento del presepe con uno strano rapporto con la statua in terraccotta di Baldassarre e Silaro il bufalo, il maschio più grande del branco di Persano, le cui grosse zampe nuotano sicure per trasportare carichi da una sponda all’altra del fiume. Francesca Cerniello, la brigantessa innamorata di Tranchella e Nina la janara che qualcuno giura di aver visto volare con i corvi neri. E poi tanti altri, ognuno con un tratto distintivo, un soprannome, un passato oscuro, una nomea.

    Figure che raccontano storie, di ieri e di oggi. Il terremoto dell’80 e la paura allontanata dai cunti di Saverio ed Ermelinda, lo sbarco degli Alleati, Ellis Island e i lavavetri ai semafori della Piana del Sele, i riti del malocchio e il rituale del pane. Processioni, superstizioni, credenze popolari, matrimoni vecchio stile, paesi e paesaggi incantevoli. Albanella, Altavilla, Roccadaspide, Acciaroli, mare e Alburni, sole e tempeste. Visi segnati dei contadini, bagnati degli emigranti, spaesati dei forestieri. Mani rovinate che impastano, si stringono, salutano. Occhi che scrutano, sognano, lacrimano. Parole in dialetto che arrivano lì dove la lingua non riesce.

    Un lavoro piacevole e intelligente. Sintesi di un mondo che rischiamo di perdere. Consigliato a chiunque, ma obbligatorio per le giovani generazioni della bassa provincia di Salerno, responsabili più che mai di quell’ “arcaico valore della cilentanità  e delle sue tradizioni secolari” che l’autrice evoca in ogni pagina.

    fonte: Tiziana Rubano

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