Ad un mese esatto dai provvedimenti d’urgenza dell’amministrazione comunale con i quali veniva prima vietato e poi, dopo 24h, nuovamente autorizzato l’uso dell’acqua potabile nel centro cittadino di Albanella, torna prepotentemente alla ribalta la questione della contestata ordinanza sindacale di interdizione per iniziativa dell’opposizione che nell’ultimo consiglio comunale del 16 ottobre ha presentato ufficialmente una interrogazione al Sindaco per chiedere maggiori spiegazioni e rassicurazioni sulla vicenda.
La questione nasceva il 21 settembre scorso, in seguito alla pubblicazione di una ordinanza sindacale di divieto del consumo umano dell’acqua potabile per la presenza di valori batteriologici (coliformi) rilevati in uno dei periodici controlli dell’ASL. L’indomani il Sindaco provvedeva a revocare l’ordinanza di divieto dopo l’avvenuta purificazione dell’acqua e il rientro dei valori fuori norma precedentemente ravvisati. Fra le due ordinanze, emanate nel giro di 24h, le proteste di alcuni cittadini e delle forze politiche d’opposizione, con obiettivo l’amministrazione comunale – accusata da alcuni di non aver dato sufficiente e tempestivo avviso alla popolazione della temporanea insalubrità dell’acqua, da altri di aver eccessivamente allarmato la cittadinanza con un’ordinanza dal tono “preoccupante”.
In seguito all’acceso confronto nel Consiglio Comunale del 28 settembre tra opposizione e maggioranza su un argomento che – l’opposizione accusava – non era stato neanche messo all’ordine del giorno nonostante la sua importanza e la richiesta in tal senso della minoranza, il Sindaco tenne a precisare anche attraverso le pagine del nostro sito la posizione dell’amministrazione su una vicenda che a suo dire aveva sollevato inutile allarmismo, foraggiato da speculazioni politiche (“l’allarmismo ed il presunto panico tra i cittadini sono dovuti a speculazioni politiche che sono tanto deprecabili quanto inopportune e destituite di ogni fondamento”).
A distanza di alcuni giorni abbiamo voluto sentire anche la posizione sulla vicenda dell’opposizione, intervistando il consigliere di minoranza dott. Adriano Cammarano, anche in seguito alla presentazione della citata interrogazione comunale che sarà ora discussa nel prossimo consiglio comunale.
E’ passato ormai un mese dalle famose ordinanze che hanno prima interdetto e poi nuovamente autorizzato l’uso dell’acqua potabile ad Albanella, ma l’opposizione è tornata nuovamente alla carica con una interrogazione all’ultimo Consiglio Comunale. Ritenete non soddisfacenti le spiegazioni che il Sindaco ha dato sulla vicenda?
Riteniamo semplicemente, come è giusto che sia, che interessarsi della salute dei cittadini rappresenti un dovere primario per chiunque amministri la cosa pubblica, da posizioni di maggioranza piuttosto che di minoranza. Semmai sarebbe stato preoccupante il contrario.
Il Sindaco, nel consiglio comunale del 28 settembre scorso ed anche nella nostra intervista, vi ha accusato di aver creato inutile allarmismo sulla questione per pura speculazione politica
E’ paradossale che colui che ha sottoscritto due ordinanze a distanza di 24 ore che si smentiscono tra di loro, creando di fatto il caso, accusi qualcun altro di fare speculazione. Diciamo piuttosto che, al di la del merito, l’allarmismo l’ha creato il Sindaco o chi per lui ha emesso quegli atti. In relazione poi all’intervista, come cittadino albanellese prima ancora che come Consigliere comunale, ritengo mortificante il linguaggio polemico usato, poco consono al profilo istituzionale che dovrebbe avere il massimo esponente delle istituzioni locali. Mi sarei aspettato , invece, delle spiegazioni rassicuranti ai cittadini albanellesi, giustamente preoccupati dall’ambiguità degli stessi atti.
Come minoranza cosa contestate nello specifico in tutta questa vicenda?
Il modo in cui la vicenda si è sviluppata non può non destare qualche preoccupazione, a cominciare dalla circostanza che l’amministrazione già dal giorno 20 settembre era a conoscenza delle analisi “non regolamentari”, come afferma la stessa ASL, mentre la prima ordinanza viene pubblicata all’albo pretorio e affissa in pochi manifestini in formato A4 solo nel pomeriggio di venerdì 21, quando ormai la casa comunale è chiusa; aggiungiamo il divieto di utilizzo dell’acqua potabile per uso domestico, tralasciando completamente esercizi commerciali, come bar, ristoranti, alimentari e, non ultime, le scuole che pur fanno utilizzo o erogano acqua potabile; e infine la revoca a distanza di 24 ore, con analisi effettuate questa volta da un laboratorio privato e l’esplicita ammissione che il problema è stato risolto grazie alla maggiore clorazione dell’acqua, senza specificare quale sia il limite di cloro perché la stessa acqua possa essere considerata non nociva per la salute. Tutti questi elementi hanno ingenerato più di qualche legittimo dubbio nella popolazione o in una parte di essa. Se io, che sono un Consigliere comunale di minoranza, ho ricevuto in quel frangente dieci telefonate di cittadini preoccupati che chiedevano e tuttora continuano a chiedermi spiegazioni, immagino che il Sindaco ne abbia ricevuto molte di più.
Il Sindaco ha controbattuto alle accuse sostenendo di aver agito in virtù di una prassi consolidata e che per simili circostanze nel passato sono state emesse analoghe ordinanze di interdizione dell’uso dell’acqua senza che si creasse alcun allarmismo o che i cittadini criticassero la prudenza dell’amministrazione.
Mi viene il dubbio allora che le ordinanze, così come strutturate, siano servite a tutelare soprattutto chi le ha emesse e non i suoi destinatari.
Quale sarebbe stato a suo avviso il comportamento da tenersi in una eventualità del genere?
Se c’erano reali motivi di preoccupazione per la salute pubblica e c’era l’esigenza di tutelare i cittadini, andavano affissi i manifesti grandi, tipo quelli utilizzati per il pagamento dell’ IMU, e non formato A4; andava avvisata la popolazione interessata con tutti i mezzi possibili, compreso le trombe; andavano chiuse le scuole, i bar, i ristoranti, ecc.; andava, in estrema ipotesi, interrotta l’erogazione della stessa acqua potabile. Se, invece, questi motivi di preoccupazione erano inesistenti e, come dice il Sindaco, c’è stato un eccesso di prudenza, bisognava evitare l’ambiguità di quell’ordinanza. Insomma, nella migliore delle ipotesi per la popolazione, c’è stato un procurato allarme che il Sindaco si ostina a non voler riconoscere.
Nell’ultimo consiglio comunale di martedì 16 ottobre avete depositato una interrogazione al Consiglio Comunale, cosa chiedete al Sindaco in merito a questa contestata vicenda?
Di chiarire i dubbi proposti in questa intervista in considerazione della particolare rilevanza sociale dell’argomento acqua potabile e delle numerose istanze intervenute sull’argomento da parte della cittadinanza albanellese, nella consapevolezza che una serena discussione in merito nell’ambito del Consiglio comunale possa risultare utile a dissiparli definitivamente. Almeno si spera.
Non le chiedo un giudizio su questi 3 anni e mezzo di governo Capezzuto. Ma facendo “l’avvocato del diavolo” le capovolgo la domanda e provocatoriamente le chiedo: amministrare un comune in un contesto economico, sociale ed anche politico di così grande difficoltà deve essere davvero una “brutta avventura” per chiunque e per niente facile. Il suo gruppo cosa avrebbe fatto di diverso?
Fare politica così come amministrare rappresenta un servizio che abbiamo scelto di svolgere ed a cui nessuno ci ha costretto. Detto questo, siamo ben consapevoli delle difficoltà che chi amministra si trova ad affrontare quotidianamente, soprattutto in termini di riduzione costante delle risorse disponibili, per dare delle risposte concrete ai cittadini. Tuttavia i momenti di crisi possono rappresentare un’occasione unica per finalizzare l’attività amministrativa ed evitare la dispersione continua di risorse in mille rivoli per esigenze elettoralistiche a scapito di quelle della popolazione. La miglior fotografia dei risultati di quest’amministrazione la possiamo scattare noi cittadini tutti i giorni guardando il nostro territorio, soprattutto in relazione alle realtà circostanti che, pur nelle difficoltà, hanno tuttavia una loro dinamicità. Quello che manca è una seria politica di programmazione che disegni il futuro del nostro Paese e che possa dare una prospettiva, soprattutto ai giovani, di un avvenire nella loro terra, se non oggi, quantomeno domani. Quello che avremmo fatto, se avessimo vinto le elezioni, con le correzioni del caso dovute alla particolarità del momento, lo abbiamo scritto nel nostro programma e mi risulta difficile spiegarlo in poche battute.
Qualche esempio?
Una politica fiscale più equa nei confronti delle fasce di reddito più basse: in parole povere aliquota IMU al minimo sulle prime case, recuperando risorse sulle seconde case e una maggiore progressività delle addizionali IRPEF, nella stessa logica. Una raccolta differenziata articolata su base tariffaria e non di tassa, che significherebbe una maggiore premialità per coloro che la praticano con rigore. Il privilegio in termini abitativi dei centri urbani, con osservanza scrupolosa delle norme urbanistiche e il rispetto della storia e delle tradizioni, che significherebbero meno scempio del territorio. Meno inaugurazioni e più fatti.
Un’ultima domanda: lei beve l’acqua del rubinetto di casa sua ad Albanella…?
Evito, se posso.
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