Il fumo è dannoso anche per le malattie reumatiche, in particolare per l’artrite reumatoide: non solo, infatti, è un fattore di rischio significativo ma diminuisce anche l’efficacia degli inibitori anti-TNF, farmaci utilizzati nei pazienti con questa patologia. È quanto sostengono due studi svedesi, presentati a Roma nel corso dell’undicesimo congresso europeo dell’Eular (European Legue Against Rheumatism), che si conclude sabato 19 giugno.
“Il fumo è un fattore di rischio indipendente per patologie come l’artrite reumatoide – ha spiegato la dottoressa Maria Soderlin, del dipartimento di reumatologia dell’università svedese di Lund – ma nei fumatori la malattia si presenta in modo più aggressivo. Dal nostro studio, effettuato sul registro Ssatg, i pazienti in trattamento per l’artrite del sud della Svezia, viene fuori che le persone che fumano da 11 a 20 pacchetti di sigarette all’anno hanno una risposta più bassa alla terapia a 3 e 6 mesi di circa il 50 per cento.
La risposta è dose-dipendente, cioè è peggiore in chi fuma di più e persino gli ex fumatori hanno una risposta più bassa. Segno che gli effetti del fumo durano a lungo. Nei fumatori abbiamo anche notato una maggiore discontinuità nelle cure. Quel che invece non sappiamo è il motivo per cui in chi fuma c’è una risposta così bassa, probabilmente c’è una risposta metabolica diversa”.
Non solo fumo, però. Anche lo status socio-economico ha un ruolo nel rischio di contrarre la malattia. “Il rischio è molto più alto nei fumatori e negli operai – ha spiegato il professor Carl Turesson, dell’università svedese di Malmo – probabilmente c’entra la minore istruzione, l’esposizione professionale a fattori di rischio o una dieta scorretta”.
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