di Redazione.
Identità …..questa bizzarra parola su cui pochi si fermano a pensare e su cui tutti fondano la propria esistenza. Si dice che senza di essa l’uomo sarebbe una succulenta vittima dell’ingiustizia che già regna sovrana nella nostra malata società, fra le insidie dell’avidità. Siamo proprio sicuri che privando l’uomo della propria identità lo si privi anche della propria e legittima libertà? Siamo davvero certi che questo inevitabile contrasto fra identità e libertà si ponga in modo giusto dinanzi i nostri occhi e nelle nostre menti semichiuse?
Goccia che ha fatto traboccare il vaso colmo delle mie certezze bagnando tutto ciò che mi circonda con una cascata di dubbi contorti, è stata la lettura profonda ed inquieta di alcune delle opere più importanti di Pirandello, quali” uno, nessuno e centomila” e “ Il fu Mattia Pascal”. È proprio quest’ ultimo l’esemplare testimone di questa assurda condizione dell’uomo prigioniero delle maschere sociali, « di tutta quella soma di leggi, di doveri, di parole » contro cui lottiamo ininterrottamente ed inutilmente.
Tema principale è proprio l’identità : « fuori dalle legge e fuori di quelle particolarità, liete o tristi che siano, per cui noi siamo noi, caro signor Pascal, non è possibile vivere>>, chi non è riconosciuto dalla legge e dalle burocrazie non esiste …. Non è squallido pensare che la nostra esistenza venga annullata da un’imposizione? In effetti l’identità che ognuno di noi possiede, comprensiva del ruolo sociale esercitato, è indispensabile per essere riconosciuti agli occhi degli altri come soggetti portatori di diritti. Anche se non ci facciamo spesso caso, il riconoscimento sociale di ciò che siamo e di chi siamo diventa un elemento indispensabile per vivere e mettere in atto la nostra natura di animali sociali. Quando Adriano Meis ( personaggio principale del libro) subisce un furto, non può denunciarlo, quando vuole sposare la donna che ama, questo gli viene impedito. Senza un’identità riconosciuta e accettata dagli altri saremmo solo dei contenitori vuoti, privi di determinazioni che ci contraddistinguono. In sostanza non esisteremmo.
La persona che noi rappresentiamo non è solo una maschera che ci inchioda in un’esistenza non autentica ingabbiandola in un inferno senza via d’uscita, ma è anche la maschera che indossiamo nella vita sociale, l’unica che ci permette di mostrarci al mondo. Mascherarci per apparire al mondo … non sembra anche a voi un paradosso alquanto discutibile?
Sappiamo che la vita è un continuo mutamento e continua trasformazione di sentimenti, di pensieri; noi non siamo quello che eravamo ieri e non saremo quello che siamo oggi, eppure abbiamo sempre lo stesso nome, lo stesso cognome e senza di questi ci è impossibile vivere. La nostra sete di libertà si nega nell’esistenza stessa, viene annullata dalle convenzioni sociali che ogni giorno sopprimono il nostro istinto. L’uomo non può vivere assecondando l’istinto sotterraneo al mutamento continuo e deve fermarsi, assumere una “ forma” che lo chiuda in un’identità … questo siamo noi, nient’altro che schiavi di noi stessi intrappolati in una gabbia di pelle che spesso non ci appartiene.
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