In arrivo un farmaco che si è dimostrato in grado di ridurre il rischio di progressione della disabilità nella sclerosi multipla e che, a differenza delle attuali terapie, somministrate per via intramuscolare o per infusione, potrà essere assunto per via orale. Lo dimostrano due studi pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine. Gli studi Transforms e fFeedoms, pubblicati sul New England Journal of Medicine, dimostrano che il nuovo farmaco (FTY720) riduce il rischio di ricadute, di progressione della disabilità e le lesioni cerebrali.
Più efficace dell’interferone beta-1a e con un buon profilo di tollerabilità, grazie a un innovativo meccanismo di azione, il nuovo farmaco, affermano gli esperti, potrà aprire una nuova strada nella terapia di questa patologia. Allo studio hanno partecipato anche sperimentazione clinica con 22 centri e 250 pazienti.
TY720 potrebbe essere la prima terapia approvata appartenente ad una nuova classe di farmaci: i cosiddetti modulatori del recettore della sfingosina 1-fosfato (S1P). Questi farmaci riducono l’infiammazione e possono avere un’azione diretta sulle cellule del sistema nervoso centrala. La nuova molecola agisce selettivamente sequestrando alcuni linfociti (un sottogruppo di globuli bianchi) nei linfonodi e riducendone il numero che raggiunge il cervello, dove possono causare una reazione infiammatoria. Il sequestro dei linfociti è reversibile: il numero di linfociti circolanti ritorna infatti ai valori normali quando il trattamento è interrotto.
La sperimentazione del nuovo farmaco è una nota di successo anche della ricerca clinica italiana. L’Italia ha infatti partecipato con 22 Centri e l’arruolamento di 250 pazienti allo studio internazionale TRANSFORMS, che ha coinvolto 172 centri di 18 Paesi. Oltre 2,5 milioni di persone in tutto il mondo (57.000 in Italia) sono colpite da questa malattia, che in genere colpisce giovani-adulti fra i 20 e 40 anni. La sclerosi multipla è una malattia autoimmune neurodegenerativa del sistema nervoso centrale e l’85% dei pazienti presenta una forma recidivante-remittente, causa di forti disabilità.
Grande passo avanti. «Con una comoda somministrazione giornaliera orale – ha aggiunto – il nuovo farmaco si è dimostrato in grado di ridurre le ricadute e la progressione della disabilità con benefici clinici mantenuti anche nel trattamento a lungo termine», ha affermato Giancarlo Comi, neurologo all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e coordinatore dei centri italiani dello studio TRANSFORMS. Ed i risultati degli studi rappresentano un «importante passo avanti» anche per Jeffrey Cohen, della Cleveland Clinic Mellen Center per il Trattamento e la Ricerca nella Sclerosi Multipla, Cleveland (USA): «Le attuali terapie per la sclerosi multipla recidivante-remittente – ha commentato – sono infatti somministrate per via iniettiva o per infusione e ciò può influire negativamente sulla tollerabilità e sul proseguimento del trattamento».
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